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Le elezioni politiche e gli argomenti deboli

da | 22 08 22 | Politica

Costruire un racconto a 30 giorni dalle elezioni e dopo una fase politica che a livello di alleanze possiamo definire quantomeno ondivaga non è un lavoro semplice. Sarà per questo o, come giura qualcuno, perché la sinistra non ha una visione del mondo da proporre (e quindi da raccontare), ma le argomentazioni della fase embrionale della campagna per le elezioni politiche da parte di chi viene dato in svantaggio usano una leva ormai conosciuta: la paura che possano vincere gli altri, che ovviamente sono i cattivi.

Niente di nuovo, visto che in Italia questo argomento si usa fin dagli anni ’50, però abbiamo un pretesto per parlare di leve e argomentazioni deboli e provare insieme a vedere se valga ancora la pena di andare all in su questo tema.

Quanto dura la paura?

Quella della paura è una leva che funziona da sempre e funzionerà per sempre, perché tocca i nostri istinti e va ad agire su meccanismi cognitivi inconsci (e che quindi non governiamo). I sentimenti negativi ci fanno sentire “scomodi”, la paura di perdere è più forte della speranza di vincere: così è e così sarà.

La paura è un sentimento eterno, come eterno è l’uso che se ne farà in politica.

La questione si complica se però ne valutiamo la tenuta nel tempo. Se, infatti, spaventare o far stare a disagio le persone può essere estremamente efficace, farvi sempre ricorso come se fosse l’ultima spiaggia può non reggere nel tempo. Detto in altro modo: chiedere agli elettori di fare uno sforzo, turarsi il naso e votare per noi perché gli altri potrebbero scatenare l’apocalisse si trasforma in un argomentazione debole nel momento in cui lo fai per un certo numero di tornate elettorali di seguito.

Perché funzioni, la chiamata all’unità e lo spettro di un nemico comune devono essere un qualcosa di straordinario, non la base della disputa elettorale.

Gli argomenti deboli

Per essere rapidi, possiamo considerare argomenti deboli tutte le proposte, le idee e le dichiarazioni che:

  • Sono legate al contingente o estemporanee (tipo la questione Green Pass, per intenderci)
  • Sono dilazionate in un tempo lontano o non definito (come promettere che entro il 2070 ridurremo le emissioni)
  • Non rafforzano la tua visione del mondo (perché ce l’hai una visione del mondo, giusto?)
  • Non sono trattate in maniera sufficiente a creare una nuova cornice con cui guardare la società.
  • Non vengono portate avanti in modo convinto (il classico “sì, certo, anche quello è un tema importante che dovremo affrontare”)

Ok, bello, ma nell’elenco non hai parlato della paura che vinca l’altro. Anzi, sono proprio le due cose che faticano a stare insieme nello stesso articolo.

E invece no: gli “appelli all’unità” toccano praticamente tutti quanti i punti sopra elencati, anche se, lo riconosco, potresti ottenere un beneficio nel breve termine.

Istruzioni per il passato e per il futuro (perdendo il presente)

Sai cosa? La destra italiana non è diventata forte perché “parla alla pancia delle persone”, ma perché alle persone ha saputo dare una visione del mondo coerente, logica, emotivamente convincente e rigida che le ha permesso di (ri)costruirsi un’identità estremamente precisa.

Come ha fatto? Ci ha lavorato tantissimo e ha sfruttato ogni occasione per farlo ma, cosa ancora più importante, sa che per farlo serve tempo e che è impensabile farlo nel tempo di una campagna elettorale.

Insomma, ci sono due strade che si possono percorrere a livello di comunicazione poltica:

  • spingere sull’argomento del momento, capitalizzare al massimo il consenso, trovare sempre nuovi topic da sfruttare e fare leva sui sentimenti negativi attuali delle persone. Questo, nel breve periodo ti può far salire molto in alto, ma nel lungo è estremamente faticoso e difficilmente sostenibile;
  • cominciare lentamente a proporre una nuova visione del mondo, fatta di soluzioni per l’oggi e progetti per il futuro, che si trasformi in un paio di occhiali in grado di fare leggere agli elettori la realtà in un determinato modo. È una strada lunga e faticosa che richiede che ci si sporchi le mani, che si ascolti più di quanto si parli e che nel breve periodo potrebbe non dare i suoi frutti.

Perché con il “rischio che vincano loro” puoi anche farcela una volta o due, ma per quanto tempo potrai chiedere alle persone di impegnarsi e votare il meno peggio?

Il contesto di oggi, fine agosto

Se abbiamo parlato di argomenti deboli in generale, prima di chiudere è necessario inserire tutto questo all’interno del contesto specifico. Ad oggi, la campagna verso il 25 settembre 2022 sembra nata stanca e svogliata, più concentrata sull’organizzazione che sulla disputa; è una partenza brutta, figlia di tanti fattori, ma qualcosa dovrà per forza muoversi.

Dovrà, insomma, arrivare qualcuno a spezzare lo schema attuale e a far partire davvero la sfida. Lì, una volta “divisi i blocchi”, le argomentazioni deboli oggetto di questo post torneranno attuali e avranno un loro senso per tirare la volata finale.

In quel momento, questo articolo sulle elezioni politiche 2022 puzzerà giustamente di vecchio.

Potrebbe essere un problema di tutti

Ah, a proposito, sempre sullo stesso tema ne abbiamo parlato poco dopo la contestazione ricevuta da Salvini in Polonia. Perché l’argomento di questo post vale per tutti: il successo eterno non esiste, ma diventa più duraturo se mi racconti qualcosa.


L’altro pezzo lo trovi qui: https://www.erickbazzani.it/velocita-e-contesto-nellascesa-politica/